4 agosto 2017

Saturno, l'esordio poco coeso de L'ordine naturale delle cose

Un esordio sulla lunga distanza questo per L’ordine naturale delle cose, band parmense che ha già all’attivo un ep omonimo uscito nel 2014. Saturno è un album di indie rock diviso fra distorsioni, riverberi, melodie spiazzanti ed una punta di elettronica: purtroppo è anche un album confuso, in cui emergono sia i pregi che i limiti dei cinque ragazzi che compongono la band.

Partiamo dai pregi. La viola ed il violino di Enrico Cossu sono sicuramente un’aggiunta alla classica formazione rock che dona spessore ad una buona parte dei dieci brani che compongono il disco, sia nei momenti in cui si sfogano le distorsioni (Dirupo, bizzarro incrocio fra uno spunto alla Marlene Kuntz, anche vocalmente, ed un finale strumentale più aggressivo) che in quelli più delicati, con la parentesi in cui si erge protagonista in Iori che ricorda la musica tradizionale asturiana. Alcuni arrangiamenti sono poi talmente inaspettati da risultare freschi e coinvolgenti, come i momenti in cui Lisa cambia registro tanto in tonalità quanto in ritmo e, soprattutto, l’andamento di Marea: parte come un indie folk mellifluo voce-chitarra-violino, si anima lievemente in una direzione che sa di Kings Of Convenience per poi all’improvviso virare bruscamente verso una malinconia distorta in cui la carica del basso, la melodia struggente del violino e l’inserto elettronico finale lasciano sensazioni forti. Mi sono ritrovato a canticchiare continuamente a lavoro il mantra “non puoi fare altro che prenderne atto”, e amen se non era il momento buono per ripetersi una frase del genere.
Ma, come dicevo, ci sono anche i difetti. La registrazione innanzitutto, perché il registro globale è ben poco omogeneo. Al di là della scommessa azzardata di un pezzo perlopiù elettronico e strumentale che poco c’azzecca col resto (Bfp, veloce parentesi di un minuto e mezzo che nulla aggiunge al’album) fa specie che già i primi due pezzi suonino in maniera notevolmente diversa, con Fuzz meteora che rispetto all’iniziale Lisa denota una mancanza di volume che in un brano tirato ed energico come questo è un brutto affare (peccato, la carica è quella giusta), come fa storcere il naso l’esagerato riverbero sulla voce che sparisce in maniera fin troppo marcata nei brani più potenti (la già citata Dirupo è un ottimo esempio). Ci sono poi brani che, rispetto alle melodie azzardate che qua e là rivitalizzano il disco, tendono invece a mostrare il fianco alla noia: nonostante il violino Iori convince solo a tratti, la rincorsa con suoni triggerati di Cumulonembi esaurisce in fretta la sua carica e la conclusiva Saturno a caso sembra unire forzatamente due anime che faticano a convivere insieme (meglio lo sfogo strumentale conclusivo, con un violino in gran spolvero che fa tornare ala mente gli Io? Drama, della rilassata fase iniziale con voce parlata). Tante idee, ma anche troppa confusione.

Le idee fulminanti che punteggiano Saturno in alcuni brani non bastano a rendere questo esordio de L’ordine naturale delle cose un buon disco, col potenziale della band smorzato dal voler dimostrare troppo e da una registrazione poco rifinita (non è che voglio fare il saccente, il primo disco della mia band non ha un brano uno che suoni uguale agli altri). Peccato, ma c’è sempre tempo per recuperare. Stefano Ficagna

Tracklist:

1. Lisa
2. Fuzz meteora
3. Iori
4. Cumulonembi
5. Dirupo
6. Bfp
7. Marea
8. Canzone di fine estate
9. Opaca
10. Saturno a caso

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