10 luglio 2017

Il disco solista di Christaux, evitabile e dimenticabile

Visualizzazioni, collaborazioni, teaser, venti minuti di concertino: staccare il voucher dell'indie italiano è tutto qui. Non riesco a farci nulla, provo risentimento e covo rancore, quando a venir meno siano impegno e abnegazione. Si parla di "progetti", "ritorni", "sperimentazione", ma in realtà stiamo parlando di musicisti inani e per nulla perentori, di cui sicuramente non sentivamo il bisogno. Christaux è un artista proveniente dall'esperienza degli osannatissimi Iori's Eyes che pubblica un disco da solista, tutto qui.
Il lavoro, uscito per La Tempesta a fine aprile, è un album opaco, poco affamato e drammaticamente tronfio. Dieci canzoni ambientate in un androne che spazia su una scontata new wave ed un inconsistente e basilare post rock, senza sussiego e senza un minimo di arroganza. Ammiccante, forzatamente intellettuale, ottiene un risultato pessimo, incapace persino di rimandi o testimonianze culturali efficaci. "Ecstasy" è fondamentalmente tutto qui. Nemmeno i divertenti giri di basso e la chiarezza della voce (meglio sparata e diretta che effimera e trascinata) in Surreal, il brano più orecchiabile e piacevole dell'intero lavoro, riescono a scalfirne l'opacità dei contenuti. The fire vorrebbe essere Sigur Ròs ma non lo è, An ode to the beast non restituisce il pegno pagato a causa di parti troppo introduttive mentre Light year, invece, fa troppa confusione tra onirico e Bauhaus. Human è molto anni '70 e lo spunto è buono, ma il pezzo si perde tra la rarefatta incisività di un falso ritornello e un pianoforte troppo ridondante, finendo così in uno sfocato vociare che perde qualsiasi slancio iniziale. More than this, infine, è una cantilena che va saltata a piè pari, complice il ribadire il titolo all'infinito durante la sua intera durata. Sono brani veramente privi di interesse, mi spiace.
Penso che il disco sia stato ideato, inizialmente, come un'ode poco romantica al grigiore post-industriale e alla decadenza di concetti e virtù quotidiani, ma il risultato è l'ennesima, spinta pappardella scritta da chi preferisce vivacchiare sulla propria immagine e sulla bassezza culturale in campo musicale del proprio pubblico che lasciare una traccia cruda e vogliosa. 
Chiudo con una domanda: non era già abbastanza l'aver sopportato gli Iori's Eyes, a questo punto? Andrea Vecchio

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