27 aprile 2017

La strana alchimia musicale de Il ballo dell'orso

Anni fa un amico stava ascoltando in macchina le Teste Sciroppate. Se non li ricordate (e i più giovani non li avranno mai manco sentiti nominare) sappiate che erano un gruppo demenziale, forte di hit quali “Senti come puzzi”, di quelli che non andavano tanto per il sottile come comicità (leggasi di grana grossa). Presi la palla al balzo e gli feci mettere una cassetta (sì, sono così vecchio che ai miei tempi c’erano ancora le cassette, e una volta qui era tutta campagna) di Elio e le storie tese, ma dopo un veloce ascolto me la ridiede indietro dicendo che erano esagerati. Eh ok, abbiamo una ragazza in macchina e loro parlano di tappi per la figa pelosa, però senti come cazzo suonano! E i testi saranno sboccati, ma sono strutturati da dio! Non riuscii a fargliela capire, ma dopotutto mi dà ancora del metallaro perché una volta gli ho fatto ascoltare Terremoto dei Litfiba, quindi potevo anche aspettarmelo.

Ora, tutto questo che c’entra con Il ballo dell’orso? E’ che ascoltandoli, pur convenendo che non si profondono anima e corpo al demenziale, mi son venute in mente le Teste Sciroppate.
A livello musicale il paragone non esiste visto che Secondo me mi piace, secondo disco della band toscana, vira un po’ dove gli pare fra i generi e, innegabilmente, lo fa bene. Basta ascoltare Ettore, dove dopo una prima parte rock trascinante parte una digressione sirtaki che fa venir voglia di ballare, ma è tutto il disco che è pieno di rifiniture del genere: le brevi parti in levare che danno varietà all’intimità cantautorale di L’ultimo uomo sulla terra, il blues scatenato di Cortisone in blues, la vena folleggiante dell’invettiva contro la SIAE Sì. Ah. Eh! (Tutti ladri quelli), la malinconia pianistica di Sinceramente, sfogo e quella più romantica di Istintivamente. Un bel viaggio, forse non originale ma sicuramente fantasioso. Laddove esce il paragone citato sopra è analizzando i testi.
La voce di Tullio Feldmann se la cava egregiamente, e anche se ogni tanto non riesce a conferire maggior risalto a parti che avrebbero avuto bisogno di più intensità (il ritornello di Madame Gina ad esempio, dove tutta la band sembra però un po’ sottotono) gli si può imputare ben poco: il problema sono i testi. Al di là di andarci giù di cliché demenziali buttando lì una canzone sulla figa (la summenzionata Madame Gina) e qualche cazzo gratuito qua e là, è proprio la struttura che si fa fatica a mandar giù. L’ultimo uomo sulla terra se ne frega delle rime quando ne ha voglia e perde progressivamente di musicalità, Sinceramente, sfogo si fa fatica a capire dove voglia andare a parare, Cortisone in blues sarebbe trascinante anche se evitasse di parlare di segone e vibratori. E’ quantomeno bizzarro questo modo di procedere nelle liriche, contando che poi arrivano improvvisamente a citare del cinema di alto livello (Holy motors si basa apertamente sul capolavoro di Leos Carax, andatevelo a vedere ma preparatevi a qualcosa di sconcertante) e buttano lì una ballad che non ha nemmeno una goccia d’ironia all’interno (Istintivamente). Ok la libertà creativa, ma avere una direzione aiuta a volte.

Non so se al mio amico di gioventù sarebbe piaciuto il disco de Il ballo dell’orso, io sono rimasto abbastanza perplesso. Notevole capacità tecnica, ma sprecata con testi che sembrano spesso buttati lì alla veloce: come dicevano a scuola “il ragazzo ha delle potenzialità, ma non si impegna abbastanza”. Stefano Ficagna

Tracklist:

1. L'ultimo uomo sulla terra
2. Ettore
3. Madame Gina
4. Holy Motors
5. Sinceramente, sfogo
6. Cortisone in blues
7. Sì. Ah. Eh! (Tutti ladri quelli)
8. Istintivamente
9. Tutto quello che mi resta

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