28 novembre 2016

Mouse Fitzgerald, ultimo disco per la punk band newyorkese

I Mouse Fitzgerald vengono da New York e suonano un ottimo punk rock contaminato da jazz, emocore e mathrock.  Upwind Records da Bari ha prodotto il loro ultimo disco, intitolato Living Like a Mouse in formato CD ma, purtroppo, si sono sciolti una volta uscito il materiale. Quindi non faranno più nessun altro disco, quindi a noi spiace. In primis per Andrea e la sua attentissima etichetta, capace di scovare gruppi mica male e dare spazio a diverse realtà sparse in tutto il mondo. In secondo luogo, marginalmente, spiace perché era dai tempi degli Ancient Sky che la Grande Mela non spurgava un album così raffinato e maledetto in ambito punk rock.
I suoni sono grezzi prima e meticolosi dopo, la voce è da capelloni con trucker e jeans tirati su. E poi capite perché vengano in mente gli Ancient Sky, subito, senza nemmeno passare dal via. Trapaholics anonymous ne è un esempio lampante: è un pezzo divertente, un capitolo maturo e fisicamente fine a sé stesso, che non divaga troppo nell’essere meticoloso e che dimostra indubbie capacità e conoscenze nel mutuare diversi stili e predominanze. I nove brani che compongono questo Living Like a Mouse sono capitoli difficili e  controversi, però.  Non si riesce a commutare l’ascolto in un’unità fondamentale e finale, o forse son solo io che sto ascoltando troppo i Ten Grand negli ultimi giorni.  Anche loro, i Mouse Fitzgerald in persona, suggeriscono di ascoltare il disco come se fosse un’unica canzone, ma ragazzi, è davvero difficile. The Buildabear Group è comunque perfetta girando da sola, per non parlare di Godsmack you! Black Emperor  (sì, sono anche ironici, maledizione!) e dei suoi riffoni crudeli e pesanti, suonati veloci e precisi. Un capolavoro di malinconia e remissione che va subito nel mio lettore da camminate. Controtempi e tratti swing lasciano forse la voce un po’ troppo in disparte per poter dare campo aperto a ciò che musicalmente i tre di NY sanno fare meglio: divagare in modo eccellente. Il rock’n roll e le riprese compensano la poesia degli arpeggi e si sa, col frastuono si mette d’accordo un po’ tutti. Furbi e capaci. Peccato non suonino più, insomma, ecco. Andrea Vecchio

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