30 giugno 2016

Dolore e declino: lo sperimentalismo sonoro di Barachetti-Ruggeri esplora il mal di testa della società occidentale

E’ difficile recensire un album come questo White Out. Perché? Per svariati motivi. Perché devo fare piazza pulita dei pregiudizi, positivi o negativi, che mi vengono dagli ascolti dei precedenti lavori del duo, in forma del gruppo Bancale nel caso di Barachetti e del disco solista Ius nel caso di Ruggeri. Perché un concept album, in questo caso basato sul mal di testa come simbolo del declino occidentale, andrebbe valutato anche per la sua capacità di esprimere ciò di cui si fa portavoce, e non è sempre facile entrare in sintonia con l’immaginario di chi questa idea l’ha sviluppata ed infine messa in forma di tracce musicali (lavorandoci, nel caso specifico, per ben tre anni). E perché stiamo pur sempre parlando di un album di musica sperimentale, dove strumenti autocostruiti o suonati in maniera non convenzionale da Ruggeri si uniscono alle parole contorte e magniloquenti di Barachetti. Ma a voi frega qualcosa del mio sforzo nello scrivere queste parole? Presumo di no, quindi è meglio che vado al dunque invece di indulgere ogni volta in preamboli che allungano il brodo.

White Out è stato anticipato nel corso dei mesi da un paio di videoperformance, nello specifico dei brani Fiume verticale ed Uomo occipitale, ma le versioni che si trovano sull’album differiscono da quanto sentito in precedenza. L’ascoltatore non ha un comodo rifugio lungo il susseguirsi delle tracce, a meno che non si voglia considerare tale l’atmosfera surrealmente onirica di Panda psichico, suoni elettronici morbidi ed ossessivi che ricordano gli Animal Collective uniti ad un ansare continuo: suoni da una palestra lasciata a vagare nelllo spazio profondo, uno scenario asettico come quello dipinto nell’iniziale Dolore bianco (un riferimento al teorico rumore bianco?), vagiti elettronici inquietanti innestati su lento dipanarsi di parole che esplorano il dolore dall’interno.
Scenari ben più oscuri vengono evocati in altre tracce. Macula è un ossessivo affastellarsi di rumori elettronici, fra battiti elettrici e improvvise scariche simili ad interferenze che ci accompagnano in un enigmatico viaggio nell’occhio umano, Mare morto è un leviatanico muro sonoro interrotto da una breve oasi di silenzio e concluso da percussioni aritmiche, Cretto del vero una percossa distorsiva ad elevato numero di bpm che lascia poche pause per respirare. In mezzo al mare magnum della sperimentazione emergono ogni tanto piccole scintille che definire melodiche è forse azzardato, ma che rimangono comunque quanto di più orecchiabile è dato di ascoltare all’interno di White Out: Pulsa vive del ritmo scandito dal titolo incessantemente ripetuto dalla voce di Barachetti e degli accordi di una tastiera spettrale, mentre pian piano viene evocata un’alba che è punto d’arrivo salvifico di un doloroso cammino in una palude di dolore, San Sebastiano incrocia dolenti note di piano, percussioni appena percettibili e qualche vocalizzo etereo auspicando l’arrivo in un luogo “dove la tecnica muore d’amore”. Ma è Fiume verticale, la traccia conclusiva del disco, il punto dove Barachetti e Ruggeri si concedono di più all’ascoltatore meno attento, con un testo meno criptico ma d’intensità senza pari che si sposa perfettamente alle atmosfere funeree evocate dall’organo, un funerale in piena regola a questo “impero terminale”.

White Out è un’esperienza sonora difficile da descrivere. Ostica in alcune sue parti, più evocativa in altre, ed è difficile dire cosa sia riuscito e cosa meno di fronte ad un immaginario così variegato e che chiede tanto all’ascoltatore ed alla sua voglia di farsi trascinare in un mondo scomodo ed al crepuscolo. Personalmente ho trovato un po’ fini a sè stesse le scelte sonore di brani come le iniziali Dolore bianco e Corpo occidente, un autogol la decisione di rendere più asettica la “seconda versione” di Uomo occipitale (anche se le sferzate rumoristiche che la attraversano esprimono in maniera ottimale il concetto di dolore cranico che attraversa tutta l’opera) e fin troppo elaborata in alcuni punti la prosa di Barachetti: piccoli appunti negativi in un viaggio che è comunque valso la pena di percorrere, sia nei momenti ossessionanti della title track che nelle eteree oscurità di San Sebastiano, per arrivare alla conclusione di un percorso sonoro e narrativo che non poteva non sfociare in un indimenticabile epitaffio quale è Fiume verticale. Stefano Ficagna

Tracklist:

1. Dolore bianco
2. Corpo occidente
3. Pulsa
4. Uomo scritturato
5. Macula
6. San Sebastiano
7. White out (Ninna nanna acufene)
8. Mare morto
9. Cretto del vero
10. Panda psichico
11. Uomo occipitale
12. Fiume verticale

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