18 giugno 2015

Da Torino al deserto, ecco l'esordio sulla lunga distanza dei Bettie Blue

Sono in due, vengono da Torino (e non dal sudovest degli Stati Uniti, luogo a cui rimanda il titolo per cinefili) e fanno un rock diretto e senza troppo fronzoli. Sono Blue alla voce ed alla chitarra e Bettie alla batteria e sì, la prima cosa che fanno venire in mente sono i White Stripes: inevitabile il paragone visto l'incedere di Bettie dietro alle pelli, divisa fra semplicità ed essenzialità (e c'è una certa differenza fra le due cose), ma nei Bettie Blue c'è anche qualcosa che li scosta dal prototipo e gli dona un'anima propria.
L'impronta musicale innanzitutto. Più scura quella del duo torinese, un approccio che si scontra piacevolmente con la voce reverberata di Blue e che porta vicino a suggestioni stoner nella conclusiva Yuma, azzeccata col suo ritmo zoppicante nelle strofe, e nei ritornelli al fulmicotone di Mamba surf, sorta di rivisitazione spettrale del genere evocato nella seconda parte del titolo. Capaci di rendersi anche melliflui con No doubts, in cui il produttore Omid Jazi col piano aiuta a ricreare un'atmosfera intima squarciata da ritornelli in cui tornano padrone le distorsioni (invero un canovaccio troppo simile alla recente Kalopsia dei Qotsa, pur rimanendo un ottimo brano), i Bettie Blue rimangono comunque perlopiù legati ad un rock'n'roll che prevede sia pezzi coinvolgenti, come l'iniziale e grintosissima Un processo attento e la monolitica Opera tua (ottima qui la linea vocale di Blue negli intermezzi più scarni), che altri meno incisivi: troppo statica su di un riff comunque piacevole Il mio personale mostro di Loch Ness, interessante solo a tratti Everything but you, la vera pecca del lavoro del duo è La persistenza della memoria che, a dispetto di un'atmosfera rarefatta comunque curiosa, scade presto in una ripetitività che ne toglie in fretta qualunque fascino.
Otto pezzi veloci e diretti, con buoni spunti qua e là senza però che arrivi il riff che ti si stampa a caldo in testa: i Bettie Blue sfornano con questo loro primo disco un lavoro sicuramente curato e con una sua personalità ma ancora privo di idee che lascino veramente il segno. Piacevole ma non epocale insomma, attendiamo però curiosi gli sviluppi futuri. Stefano Ficagna

Tracklist:
1. Un processo attento
2. Il mio personale mostro di Lochness
3. La persistenza della memoria
4. Mamba surf
5. No doubts
6. Opera tua
7. Everything but you
8. Yuma

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