4 maggio 2015

Il punto di partenza, undicesimo disco per gli Africa unite

Ricordo che una volta, tornando a casa in treno dopo una giornata in università a Milano, mi sedetti, cotto dal freddo di novembre, di fronte a un uomo con una cuffia colorata in testa che stava leggendo “Diario”, il settimanale di cultura, attualità e politica che davano con L’Unità. Ve lo ricordate? Comunque. Mi accorsi si trattasse di Bunna, il bassista dei Bluebeaters che tre anni prima erano usciti con il granitico The Album. Sapevo anche che cantasse negli Africa unite, ma per una questione di gusti lo accostai subito al supergruppo capitanato da Giuliano Palma. Scambiammo qualche parola su Torino, sulle occupazioni, sui centri sociali piemontesi, dopodiché tornammo a farci i fatti nostri. Lui con “Diario” ed io con il sonno.


Questo per me sono gli Africa unite: una chiacchierata a fine giornata sui luoghi che frequenti quotidianamente, ma anche una ferma realtà musicale che può anche non essere tra i tuoi interessi quotidiani ma con la quale un confronto è sempre utile e necessario. Come è utile ascoltare il loro ultimo disco, intitolato Il punto di partenza. L’undicesimo lavoro in studio per la band di Pinerolo che sin dagli inizi ha saputo coscientemente mescolare i ritmi in levare del rocksteady roots al beat londinese, le atmosfere caraibiche al dub impegnato made in Torino. Unica in Italia sotto l'aspetto musicale e attitudinale, rimanendo ancorata il più possibile alla "vecchia scuola" e rinnegando da sempre gli aspetti machisti che il reggae degli anni duemila, anche in Italia, ha purtroppo sponsorizzato più che apertamente. Un lavoro molto dub, se proprio vogliamo essere sinceri, ma che sicuramente saprà soddisfare i palati anche del pubblico più strettamente legato allo ska ed ai fiati, che dopo l’abbandono della band da parte di Mr T-Bone sono praticamente ridotti a demarcazioni strutturali più che a sonorità vere e proprie. Siamo lontani, ovviamente, dal capolavoro che fu Babilonia e poesia, ma alcuni brani come Ritratti Pure music today ne portano il bagaglio ben distintamente. Bunna e Madaski calcano sulla patchanka e sulle tradizioni e il lavoro riesce alla perfezione, in modo naturale.
Gli Africa unite possono avere calcato i palchi dei più famosi festival reggae internazionali, ma per me rimarranno sempre quei dieci minuti sul treno. E penso che anche a loro vada bene così. Andrea Vecchio

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