8 aprile 2015

Glass cosmos - Disguise of the species - Rec. in 10 parole

Si intitola Disguise of the species il primo disco, autoprodotto, dei bergamaschi Glass cosmos. Il quartetto punta ad un alternative rock di stampo internazionale, con alcuni richiami new wave. Il sound della band si caratterizza per groove energici e potenti aperture di delay e di riverbero che creano un'atmosfera suggestiva e melodica.

Recensione in 10 parole: inglese (la lingua dei testi), volume (di certo è un disco di forte impatto sonoro e rende molto di più a volumi sostenuti, con quel suono saturo di chitarre che a chi fu adolescente negli anni ’90 fa sempre piacere riascoltare), forma (c’è sempre la ricerca, forse ancora un po’ immatura, della formula giusta. Del brano giusto. Eppure la band dà il suo meglio nei brani in cui si lascia più andare e costruisce anche secondo formule non canoniche, come in It won’t be long till dawn), The Cure (la finale Chrono li ricorda un po’), scrittura (alcuni pezzi si perdono un po’ e specialmente verso fine album, intorno al brano numero nove, O tempora, o mores, si inizia ad accusare stanchezza), inizio (non convince il brano iniziale Milestone: musicalmente non dice la verità sugli intenti della band e bisogna arrivare verso metà album per capire), osare di più (e costruire di meno a tavolino: imperativo assoluto. Imparare a capire che un brano non è per forza quello giusto soltanto per merito di un riff azzeccato). Marco Maresca

Voto: **/

Tracklist:

  1. Milestone
  2. Libreville
  3. Last night I killed Godot
  4. Shine in its own light
  5. It won’t be long till dawn
  6. New shores
  7. The Bilderberg club
  8. Redemption is a pathway to nihilism
  9. O tempora, o mores
  10. A slim pixie, thin and forlorn
  11. Chrono

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