22 dicembre 2014

Piccoli omicidi: l'intervista casalinga prima del secret concert

In occasione del secret concert dei Piccoli omicidi a Novara, abbiamo intervistato la band emiliana nel salotto di casa, mentre in cucina preparavamo la pastasciutta e tiravamo fuori dal frigo le lattine di birra. Questo è ciò che ne è uscito.


Domanda scontata (tant'è che Piergiorgio me la anticipa): da dove proviene il vostro nome? Mi lascia suggestioni cinematografiche, dal film Piccoli omicidi tra amici all'omonimo Piccoli omicidi di cui sono venuto solo recentemente a conoscenza...

In parte viene da lì: hai giustamente citato il film di Danny Boyle, uno dei registi che ci piace di più e che ha questo gusto particolare di mettere in mostra le cose più drammatiche in maniera sempre abbastanza ironica e dissacrante. E' un po' quello che facciamo anche noi, che in parte affrontiamo argomenti più o meno importanti e pesanti ma mantenendo una vena d'ironia ed amarezza. Al di là di questa influenza le nostre canzoni hanno spesso a che fare con quelle piccole cose della vita che ti turbano, ed i piccoli omicidi sono anche i tentativi di cancellare queste cose che capitano e vuoi eliminare: è poi fantastico l'accostamento volutamente forzato, visto che un omicidio è tutto tranne che un evento di “piccola” rilevanza!

Il vostro secondo album, di prossima uscita, è stato finanziato attraverso Musicraiser: com'è stato lavorare con questa piattaforma alle spalle?

E' stato un secondo lavoro! (Ride) E' una bella occasione perché ci siamo resi conto che al di là del contributo economico che può dare la cosa, che è relativo ma ci ha permesso di fare un salto in avanti a livello di produzione, è stata la possibilità di coinvolgere direttamente i fan ed interagire con loro il valore aggiunto. Aprire una campagna di crowdfunding non si esaurisce al solo atto dell'apertura, aspettando che la gente venga da sé, è come fare un porta a porta visto che siamo andati in pratica a parlare singolarmente alle persone che potevano essere interessate. E' una cosa impegnativa perché non basta illustrare il progetto che hai in mente chiedendo dei soldi in cambio, ma devi rimanere costantemente in contatto con chi ha contribuito: è un sistema che divide, ma molti si sono trovati male col crowdfunding perché alla fin fine non hanno seguito la base che aveva contribuito al loro progetto, anche nomi illustri del cui progetto non si è saputo nulla anche per un anno e mezzo. Noi abbiamo cercato di creare una campagna interessante, con delle ricompense abbastanza fantasiose come una grigliata insieme ai nostri “finanziatori”, siamo andati a suonare e cucinare in casa d'altri... Non si può stare ad aspettare che il contributo di una persona venga da solo insomma. I nostri tempi sono stati abbastanza lunghi, perché abbiamo cominciato la campagna ancora prima di attaccare fisicamente gli strumenti e all'uscita del disco sarà passato circa un anno, ma siamo rimasti sempre in contatto con ci ha aiutato lungo questo periodo.

Dal punto di vista artistico è limitante sapere di essere finanziati dai propri fan, magari pensando di dover scendere a qualche compromesso per non deludere chi ha contribuito attivamente al disco?

Sinceramente non abbiamo neanche preso in considerazione la cosa... Pensiamo di aver fatto un bel passo avanti rispetto al primo disco, e siamo fiduciosi che possa piacere. Molte persone di quelle che hanno contribuito comunque le conoscevamo, quindi sapevamo già cosa pensavano di noi prima. Non credo che sia una cosa che condizioni, o almeno non dovrebbe farlo.

Come mai avete deciso di registrare il disco in Slovenia?

Abbiamo voluto fare una produzione qualitativamente importante, e farlo in Italia non è possibile. Non è stato un capriccio andarci, hanno delle strutture assolutamente all'avanguardia col grande vantaggio che costa molto meno. Per assurdo andando all'estero siamo andati al risparmio, mi è stato inoltre consigliato questo studio da Michele Pazzaglia, che aveva già lavorato sul nostro precedente disco e coprodotto questo con me: era già stato lì con Paolo Benvegnù e si era trovato benissimo, è stato naturale quindi che lo proponesse anche a noi come sede di lavoro.

Nel disco precedente avete lavorato anche con lo stesso Benvegnù: come vi siete trovati con lui e come è nata questa collaborazione?

L'ho conosciuto parecchi anni fa ad un seminario sulla scrittura ed in quell'occasione gli avevo lasciato qualcosa di nostro da fargli ascoltare, lui è una persona molto alla mano e si mette almeno alla tua altezza quando ti parla, se non al di sotto, ed essendogli piaciuto quello che ha ascoltato mi ha detto che quando avessi voluto partire col progetto avrebbe gradito far parte dell'operazione. Questo è dovuto anche al fatto che a livello di scrittura ha riconosciuto un'indole simile alla sua, perchè le cose troppo diverse da quello che fa in prima persona preferisce evitarle, comunque da lì è partito tutto e possiamo dire che la sua figura ha dato un valore aggiunto al lavoro: l'unico “rischio” se vogliamo è che finisca per esserci troppo di lui nel disco, essendo molto presente in tutta la fase di lavorazione,  tanto che l'album nuovo abbiamo deciso di produrlo più in autonomia per farne un prodotto veramente nostro. E' stato molto utile perché ci ha aperto la visione a 360 gradi, l'importanza del suo contributo la si può vedere da quanto ha dato di buono il suo lavoro in svariati dischi prodotti al di là del nostro, senza che abbia lasciato nulla di cattivo.

Come mai per il nuovo album avete deciso il titolo L'incomparabile fortuna di non andare mai di moda?

In realtà è un sottotitolo, una definizione che diamo a noi stessi in generale. Per quanto possa essere controproducente pensiamo che a questo livello non abbia senso seguire le mode del momento, e valga di più fare quello che ci piace nella migliore maniera possibile. Il disco non ha un titolo e non glielo daremo, un po' come i Led Zeppelin! (Ride)

Ci puoi rivelare qualche anticipazione su ciò che troveremo nel disco a livello di evoluzione sonora?

E' stato suonato praticamente dal vivo, con qualche sovraincisione e ritocco ovviamente in seconda battuta, ma ci teniamo a dirlo perché dà un tocco molto più personale: siamo più “noi”, ha un approccio molto più diretto. E più rock e concreto rispetto al primo disco, è anche molto vario ma senza essere talmente variopinto di generi da non poterlo definire... Lo riteniamo un passo avanti incredibile per la nostra maturità artistica. Abbiamo pensato non a fare un disco ma tanti singoli, perché pensiamo che ogni canzone debba avere un senso all'interno del lavoro completo e non debba fare da semplice riempitivo.

Com'è stata l'esperienza del Jack On Tour?

E' stata molto bella perché è arrivata anche inaspettata. Siamo stati contattati da loro per fare un video dato gli era piaciuto molto il singolo che gli avevamo proposto, e ci siamo ritrovati in questa situazione che pensi possa capitare solo ai grandi artisti, coccolati e riveriti con trenta persone che lavoravano per noi. La cosa è nata e morta lì ma ci ha aiutato molto anche a livello di visibilità.

Proprio Sole e venerdì, la canzone di cui avete realizzato il video, è stata anche una sorta di anticipazione dell'album: è stata una cosa voluta farla uscire così tanto tempo prima dell'uscita del disco?

Così tanto no in realtà, ed è il motivo per cui parlavo di Musicraiser come di un secondo lavoro: per almeno quattro mesi la campagna di crowdfunding ci ha portato via tutto il tempo, quindi la nostra idea di lavorare all'album nel mentre non si è realizzata ed invece di uscire col disco dopo pochi mesi dall'uscita del singolo questo lasso di tempo si è protratto per un anno circa. Questo ci ha portato anche a ri-registrarlo, per dargli una rinfrescata.

Assieme a questa canzone avevate anche registrato Povera patria di Battiato, mentre sul disco avevate registrato una vostra versione di Vedrai vedrai di Tenco. Nello scegliere le cover non avete timori reverenziali evidentemente...

E' sempre un rischio andare a pescare artisti e canzoni simili, ma noi ci teniamo a dare il nostro tributo a questi personaggi perché riteniamo l'Italia un paese di cantautori validi come da altre parti non ce ne sono. Cerchiamo di farlo regolarmente ma consci del fatto che non possiamo dare qualcosa in più a simili canzoni, possiamo darle un'altra intenzione ed interpretazione ma comunque nell'ordine di idee che il risultato deve essere ottimo perché se no non ha senso... Se ci accorgiamo di aver fatto una “cacata” ritorniamo indietro subito! (Ride)

Avete anche scritto una canzone sulla tragedia del Vajont, intitolata Va Giù (Vajont): vedendo quanto regolarmente succedono ancora disastri causati dall'incuria cosa vi sentite di dire al riguardo?

E' scontato dirlo ma purtroppo non si impara mai... Quello è stato il primo grande caso di corruzione secondo me: c'era qualcuno che ha portato avanti il progetto a tutti i costi perché se no ci perdeva dei soldi, e cose del genere le continuiamo a vedere oggi sia a livello ambientale che nella società, non ultimo il caso di Roma capitale... Intervista a cura di Stefano Ficagna

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