16 novembre 2014

Camera d'ascolto debuttano con Figli della crisi... di nervi

L'uomo con la bombetta e la mela davanti alla faccia, illustrato in vari quadri di Magritte, è rimasto nudo: colpa della crisi, ma quella di nervi secondo i Camera d'ascolto (nome che fra l'altro rimanda ad un altra opera del celebre pittore belga), band milanese qui giunta al primo album (almeno con questo nome visto che un precedente disco, Senza opposti, era stato edito nel 2011 sotto il nome di Never knock out). Un disco multiforme, pieno di momenti spiazzanti all'interno dei brani che risultano alla fine croce e delizia dell'ascolto.

L'iniziale Placebo, trascinata da una vena quasi punk, inizia non nel migliore dei modi il percorso musicale che si delinea per dieci brani, a causa anche di un testo che in un ritornello un po' raffazzonato spreca le interessanti suggestioni fin lì costruite. Il brano mette già in evidenza però i due elementi principali che rendono particolare il suono dei Camera d'ascolto, ovvero il violino di Valeria e la voce acuta di Stefano. Una particolarità questa che me li fa immediatamente associare ai conterranei Io? Drama, ed è stata una sorpresa scoprire, sfogliando il booklet dopo qualche ascolto, la presenza proprio dell'ex membro fondatore della suddetta band Fabrizio Vercellino alla produzione ed alla chitarra in uno dei brani, Charlie Brown (operalnero). Proprio questo brano, uno dei migliori del lotto, mette in evidenza pregi e difetti che si rincorrono qua e là nel disco: l'inizio col piano elettrico si sposa alla perfezione con la grinta degli altri strumenti, guidati da un ritmo serrato di batteria molto efficace, ed il modo graduale in cui si arriva ad un ritornello suadente in cui  la voce di Stefano si associa alle armonizzazioni violinistiche è altrettanto ben studiato. Spiazzante ma ben congegnato anche il modo in cui all'improvviso il brano si apre a contaminazioni da marcetta, punto in cui però i vocalizzi esagerati di Stefano rovinano un po' l'amalgama generale, evidenziando un problema di esagerazione che si riflette anche nel finale di P.S.C...?: dopo tre minuti in cui la cupa e malinconica cifra stilistica rimanda ad un connubio fra il post grunge ed i veronesi Le maschere di Clara il brano sterza verso distorsioni più muscolose e scure, abbinando questo ad un simil-recitato in cui Stefano risulta molto meno efficace di quando invece sfrutta la voce senza inutili esagerazioni. Ne sono un esempio i due brani più tranquilli, Sofia scarlatta e Laguna, dove accompagnandosi nel primo caso con la chitarra e nel secondo col piano riesce a far emergere il lato più sensibile ed ammaliante del gruppo.
Meritevole d'attenzione poi è sicuramente la maniera in cui i Camera d'ascolto riescono a coniugare alle atmosfere sulfuree di Orfeo nell'ade un testo ispirato egregiamente al mito greco da cui prende il titolo, partendo con un basso trascinante e finendo con uno scambio di compiti fra violino e chitarra nel rendersi protagonisti di armonizzazioni ed assoli che danno al brano una marcia in più. Lo stesso risultato riesce meno bene a Matto dell'imbecille, pezzo che associa alle suggestioni della manovra per dare scacco matto nella maniera più veloce un ritornello dalle rime efficaci (“siamo scacchi in cravatta/ attento che ci mangiano/ scacchi senza speranza/ ognuno col suo compito”) ma per il resto un po' confuso nella frustrazione che delinea.

Figli della crisi...di nervi è un album curato ed interessante, capace di passare senza problemi dalle atmosfere allegramente amarognole di Dieci minuti (sotto la pioggia) a quelle intimistiche di Sofia Scarlatta in un batter d'occhio. Il punto in cui fissare il limite di una vena sperimentale così esagerata però non è ancora ben chiaro nella mente dei quattro componenti, e questo compromette la buona riuscita di alcuni brani: altrettanto vero è che proprio questa capacità di osare rende un brano come Charlie Brown (operalnero) così affascinante, segno che la strada è quella giusta ma bisognerebbe evitare di cambiare corsia troppo spesso durante il viaggio, anche e soprattutto dal punto di vista vocale. Plauso finale al violino, sicuramente l'arma in più di un gruppo che riesce, nonostante l'affine particolarità, a non sembrare una mera copia sbiadita dei “fratelli maggiori” Io? Drama quanto invece una curiosa variazione sul tema. Stefano Ficagna

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