17 febbraio 2014

Riecco Brunori che lascia Gaetano e "guarda" a De Gregori

Di Dario Brunori si era detto che avremmo tanto voluto vederlo slegato dall'eredità di Rino Gaetano, ruolo un po' autoinflitto e un po' voluto dal pubblico. Il buon Brunori, che non è stupido, deve comunque averlo capito da solo. Sarà la nuova modalità di scrittura dei brani, basata su voce e piano, fatto sta che nel nuovo lavoro (uscito per Picicca dischi, dello stesso Brunori, e distribuito da Sony music) non sembra più di ascoltare Rino Gaetano. No. Stavolta sembra di ascoltare De Gregori.
E' proprio sulla scia di De Gregori che l'album ha inizio, con l'azzeccatissima progressione di accordi di Arrivederci tristezza, che cita Osho e la sua "mente che mente". Si passa poi, con Mambo reazionario, ad un vecchio concetto che fu caro a Bennato: chi si uniforma ad una vita standard viene lasciato in pace dai gendarmi, ma se tutti ci uniformiamo e gli estremi non esistono più, poi si genera quell'appiattimento per cui "Che Guevara e Pinochet adesso ballano felici sulle basi di Beyoncé". Dal terzo brano si torna alle progressioni di accordi al piano, e al cantato in stile De Gregori. Kurt Cobain, il cui videoclip ha anticipato di poco l'uscita dell'album, parla di un tema sempre complicato da trattare: il suicidio. Brunori stavolta è davvero bravo ad utilizzare le parole in modo da trattare l'argomento con la giusta sensibilità senza sconfinare troppo nella retorica. Di certo, però, i temi ed i toni sono ben diversi da quelli dei due album precedenti. Le quattro volte parla delle stagioni della vita e delle tappe che vanno obbligatoriamente affrontate, per le quali non si capisce se prevalga l'accettazione o la rassegnazione. Al brano Il santo morto segue una coda strumentale brillantemente intitolata Il manto corto, con un abbinamento di titoli che fa concorrenza alla Settimana Enigmistica. In ogni caso, Il santo morto è un richiamo a quel Vasco giovanile, dal cervello non ancora totalmente brasato, a cui Brunori non manca mai di riferirsi. Si parte da una narrazione della vita di paese vista dall'esterno, sullo stile di Fegato spappolato, ma con alcune brillanti citazioni di altri brani di Vasco, tra cui alcuni cambi di accordi che ricordano Mi si escludeva ed un giro di basso che rimanda a Gli spari sopra. Poi l'album perde la sua coerenza. Con Maddalena e Madonna si perde un po' di brillantezza nei testi. Si torna al mood un po' intimista ed un po' egocentrico del primo album, e di Guardia '82, il primo brano con cui Brunori si è fatto sentire. Anche il brano successivo, Nessuno, è una confessione in prima persona. C'è poi Pornoromanzo, che tratta un argomento forte: una violenza sessuale che sconfina quasi nella pedofilia. Pornoromanzo ha fondamentalmente tre pecche: la prima è di non essere un brano completamente riuscito e quindi di stare giustamente in posizione arretrata in scaletta. La seconda è di utilizzare un linguaggio un po' troppo forte e lontano dalla sensibilità e dall'attenzione mostrata nel resto dell'album. La terza pecca è di non avere alcuna continuità coi brani precedenti, né musicale, né per quanto riguarda gli argomenti trattati. Finita l'innovazione, si torna alle classiche canzoni da Brunori Sas. La vigilia di Natale è un brano che si sarebbe trovato maggiormente a suo agio nel Vol. 2. La chiusura è affidata alla ballata strappalacrime Sol come sono sol, con una tematica cara a Brunori: quella dello sposo abbandonato sull'altare. Di tutto l'album rimane impressa la bravura nel giocare coi testi: "la felce ed il mirtillo" in Mambo reazionario, Padre Pio che quando meno te l'aspetti diventa il Pulcino Pio, ed il già citato cambio di consonanti tra Il santo morto ed Il manto corto. In ogni caso è abbastanza chiaro cosa sia Il Cammino di Santiago in taxi. E' una ricerca di sé, un percorso di fede, ma compiuto in modo generalista, come il percorso di Brunori all'interno del panorama musicale italiano. Un artista che vorrebbe piacere a tutti pur rimanendo tranquillo nei territori dell'indie. Uno che vorrebbe trattare tematiche forti ma che quando ci prova finisce per urtare troppo la sensibilità dei propri ascoltatori, gente di tutte le età e classi sociali. Un cantautore che per risultare alternativamente vintage è costretto ad esasperare i riferimenti al cantautorato italiano della fine degli anni '70, riferimenti che poi sono sempre gli stessi: Vasco, Bennato, e quel Rino Gaetano che nella mente di Brunori si è magicamente trasformato in De Gregori. Un Cammino di Santiago che la Brunori Sas non è ancora in grado di compiere a piedi, e forse non lo farà mai: per ora va benissimo il taxi. Marco Maresca

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