12 dicembre 2013

Il reggae si fa "commerciale" nel nuovo disco dei Mellow Mood

Sarà che ho impressi nella mente certi “puristi” del reggae, sarà che ho le mie preferenze, ma il secondo disco dei Mellow Mood, Well well well che ho ascoltato recentemente, non mi convince fino in fondo.
C'è però da dire che gli stessi puristi di cui sopra hanno anche una mente aperta e quindi la filosofia da cui bisognerebbe partire è che c'è spazio per tutti e  ben vengano band che suonano reggae raccogliendo innumerevoli consensi, come nel caso della band di Pordenone.
E poi non dimentichiamo che il loro primo singolo Dance Inna Babylon fece registrare 9 milioni di visualizzazioni su Youtube. Hanno anche vinto l'edizione 2009 del Rototom Sunsplash e sono considerati tra le band reggae migliori in Europa (di recente tour francese sold-out con i Dub Inc).
Io però lo voglio dire lo stesso. Troppa commercializzazione (e vale per tutta la musica) in fondo potrebbe anche essere deleteria.

Faccio un esempio citando proprio il videoclip del nuovo singolo dei Mellow e cioè Dig dig dig. Per quanto il video possa essere divertente, c'è proprio tutto quello che serve a far vendere: musica ballabile, spiaggia, l'altra metà del cielo che aggiunge alla coreografia l'inevitabile movimento pelvico. Diciamo che l'essenza non è contemplata. Ci sono tutti gli ingredienti che per me fanno parte di un filone stereotipato che si vede/sente tanto e forse troppo in rete anche quando si parla di reggae recentissimo.
Parafrasando un intenditore autodidatta di distillati inciampato sulla mia strada, è un po' come il rum, non è sufficiente dire che hai tra le mani un prodotto caraibico. Ogni zona ha il suo distillato che si differenzia per gusto, colori, aromi. E anche se il più venduto e conosciuto è  un commercialissimo rum molto famoso, non è detto che questo sia il migliore e soprattutto non è detto che possa piacere a tutti.
Per fortuna c'è  anche qualcuno che si distingue, proponendo al proprio pubblico la filosofia reggae (che spesso porta con sé una spiritualità non irrilevante) a cui resta fedele senza porsi il problema della vendita massiccia a tutti i costi.
Comunque, poiché ho troppo rispetto per il lavoro degli altri e quindi anche per quello che fanno i Mellow, ma siccome ho ancora più rispetto per gli artisti che fanno reggae in modo diverso da loro e per coloro che del reggae hanno fatto una ragione di vita, non mi dilungherò oltre sulla questione.
Questo Well well well è il secondo album dei Mellow Mood, prodotti ancora una volta da Paolo Baldini, già produttore di Africa Unite, Tre allegri ragazzi morti e Dub Sync.
I gemelli Garzia hanno voluto a quanto pare spaziare tra un po' tutte le varianti che il reggae offre attualmente. Dal roots-reggae di Well well well e Moses al rocksteady al reggae-funk di Refugee al clubbing tribale.
Nonostante le indubbie capacità artistiche dei Mellow e la loro contagiosa e condivisibile voglia di divertire e divertirsi, continuo ad avere parecchi dubbi sulla genuinità e il cuore messo in questo disco. Penso ad esempio che potrebbero aver fatto determinate scelte per incamerare consensi da più parti. Non c'è niente di male in questo ovviamente.
Però non riesco a non paragonare la naturalezza e la semplicità con cui alcuni riescono a suonare reggae (miscelando l'ispirazione derivante dalle grandi “linee guida” del passato ai suoni del presente),  ai tanti che invece si conformano alle richieste sempre più pressanti del mercato.
Come canta qualcuno (dalle parti della Lanterna..) che ha davvero questa musica nelle sue vene al posto del sangue, “music is creativity”. Alessandra Terrone

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