8 ottobre 2013

A new place soon old, il nuovo disco di Was molto attento alla forma

Esce per la abruzzese ed indipendente Deambula Records l’ultimo lavoro della one man band Was, intitolato A New Place Soon Old. Un CD di nove tracce che parte così così e finisce lasciandoci a bocca asciutta. Sì, perché, sebbene sia un lavoro nel complesso armonioso ed interessante, è povero di passione, cuore ed entusiasmo. O per lo meno, questo è ciò che mi sento di dire dopo averlo ascoltato. Si ricade nel trito e ritrito cantautorato indie italiano: massima cura per ciò che riguarda formato, musicalità e target di ascolti, ma totale mancanza di attitudine, sentimentalità e voglia di mettersi in discussione. È indubbio, per esempio, che il primo brano, In the spring, sia un’ottima canzone, dove tutto è al proprio posto. Ma alla fine, cosa rimane? Solamente la speranza che il secondo pezzo sia almeno più incisivo, che lo si possa canticchiare in attesa dell’inizio del terzo. Spleen, insomma. E detesto Baudelaire, per giunta. Stesse considerazioni per Alpaca e Cold song, nelle quali il cantautore sardo sembra più impegnato a pronunciare correttamente i testi in inglese che a lasciare una veritiera impronta nell’ascoltatore. In Cold song, comunque, ammirevole l’atmosfera ovattatamente mediterranea che si va a creare nella parte centrale e strumentale della canzone. Pavese si sforza di essere lo-fi ma non centra l’obiettivo, mentre la successiva Plastic man è troppo Kings of Convenience. Insomma, tirando le somme, Was avrebbe potuto far veramente meglio, magari calcando il polso in modo più deciso sull’essere, invece che sull’apparire: una morale platonica di cui moltissimi musicisti dello Stivale sembrano ignorare l’esistenza. Andrea Vecchio

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