19 luglio 2013

Storie di ordinario masochismo nel bel disco di Roberto Sburlati

Ce ne vuole di masochismo per tuffarsi nudi nelle acque del Po che scorrono nel centro di Torino. Sarà un fotomontaggio? Probabilmente sì, ma non è dato saperlo con certezza. I masochisti (Libellula / Audioglobe) è un album in cui Losburla, torinese d'adozione, esprime dettagliatamente e da varie angolazioni questa tendenza a provare piacere nel farsi del male perpetrando stili di vita inconcludenti o dannosi. Più o meno palesemente, più o meno consapevolmente. "Ho creato un disco che attraverso storie semplici assomigliasse il più possibile ad uno schiaffo in faccia", afferma Losburla, al secolo Roberto Sburlati, nel tentativo di dare una chiave di lettura.
"Di quegli schiaffi dati con rabbia ma a fin di bene, ad una persona che sta dormendo e deve svegliarsi. Ho voluto creare un percorso dissacratorio che mettesse alla berlina quella forma mentis e quei comportamenti quotidiani che visti con distacco ci fanno apparire a volte come esseri superficiali, ipocriti e un po' stupidi". I personaggi narrati nell'album sono infatti peccatori con velleità di santi. Cinici approfittatori che poi si perdono nelle conseguenze delle loro stesse azioni. L'imbucato parla di quella che poteva essere la realizzazione di un'agognata notte di sesso, e che invece si tramuta in una nottata di chiacchiere sull'idea malsana di imbucarsi al proprio funerale. Dilettanti (San Salvario salva) parla della speranza di un'improvvisa e spesso immeritata redenzione dalla vita quotidiana. Il mio processo di beatificazione porta all'estremo il cinismo e lo connota addirittura di velleità salvifiche: sacrificare qualsiasi morale pur di giungere ad un risultato, e arrivare addirittura ad autoproclamarsi realizzatori di una missione quasi divina, adottando la tattica di denigrare chi ha fatto peggio. Ma quest'album è così: non c'è spazio per il politically correct. E' una lotta tutti contro tutti, per diventare santi immergendo il proprio corpo nudo nelle salvifiche acque del Po ma contaminandosi e facendosi del male. In Rossetto si arriva a capire, finalmente, che quella salvezza tanto agognata non fa star bene neanche un po'. Ma anche gli altri brani non sono da meno: troviamo quindi riflessioni introspettive a seguito di un viaggio su un treno regionale (Regionale AT-TO), un sofferto inventario delle cose che per vari motivi sono sfuggite di mano (Amaro), la storia di una donna in fuga e di una disperata ricerca in mezzo a vestiti e ricordi (Lettaratura), alcune lezioni sull'importanza dello stile di vita utilitaristico tipico del giorno d'oggi (Moderno), l'idea televisiva di serenità che si fa strada tra dolore e lacrime (Senti questo cane come abbaia). E sono proprio gli spezzoni registrati dalla televisione a decretare come la condizione di utilitarismo estremo sia qualcosa dettato dalla società moderna e dai mass media. E' il caso della conclusiva I masochisti?, nella quale viene finalmente svelata la chiave di lettura dell'album. Due parole vanno spese anche sulla vocalità di Sburlati: quella erre moscia che, quando non ostentata, può essere anche sinonimo di propensione cantautorale (Guccini è citato esplicitamente da Losburla come influenza musicale). Una tendenza all'attualità, al situazionismo, fin troppo marcata e rischiosa: i frammenti televisivi, le storie narrate, un certo tipo di lessico e di aneddotica che vanno bene oggi ma tra qualche anno chissà. Un album che quindi corre il rischio di essere precario come i tempi che viviamo, ma che proprio per questo impartisce ancora più forza nello schiaffo da dare a chi si ostina a rimanere addormentato. Complimenti. Marco Maresca

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