19 giugno 2012

Ascolti emergenti: Masoko, Formanta!, Carmelo Amenta, Nu Bohemièn


Masoko - Le vostre speranze non saranno deluse **/
Le vostre speranze non saranno deluse è il terzo album dei Masoko. Esce per l’etichetta Modern life ed è distribuito da Audioglobe. Undici brani a spiegare un presagio, ad incarnare una visione apocalittica cinica ed impertinente, pur mantenendo una vena leggera ed ironica. I Masoko vestono di musica lo scenario generale del crollo, che si tratti di torri, di borse o di stati d’animo, ma sempre con la speranza di un mutamento improvviso e radicale. Nel suo terzo album, il quartetto romano prende di mira con vena sarcastica l’arrendevolezza di uno scenario che di ottimista ha apparentemente ben poco. Il contesto musicale è quello di un pop ritmato ed elettronico, cantato in italiano, con una leggerezza di fondo che pervade quasi tutti i brani e con testi che tentano di sembrare scanzonati anche trattando tematiche difficili. La prima parte dell’album, dai ritmi piacevoli ed impreziosita da un fine uso dell’elettronica, merita più che un ascolto. A mio parere, il brano migliore è però la ballata Tirati un po’ su, tra i pochi brani dell’album in cui trova spazio un filo di tristezza. Particolarmente elegante l’uso della voce, lungo tutto l’album ma soprattutto nei brani finali.
Marco Maresca


Formanta! - Everything seems so perfect from far away  ***
L’album d’esordio dei romani Formanta!, su etichetta Seahorse recordings e distribuito da Audioglobe, perfeziona il sound del precedente EP, costruendo solidi brani di stampo rock classico (sullo stile di R.E.M. e Wilco) con giri di basso quasi solisti e numerose chitarre (baritone, elettriche, acustiche) che ricamano riff in perfetto stile Smiths. Il cantato è in inglese, con voce femminile. Inserti di archi, trombe ed ottoni riempiono ed impreziosiscono il suono. L’album mostra un’attitudine sempre leggera ed ispirata, e curiosamente il lavoro dei Formanta! acquisisce consistenza non da subito ma sulla distanza. Se i due brani d’apertura sembrano abbastanza piatti e mostrano qualche imprecisione vocale, le canzoni che seguono sanno stupire piacevolmente. Something left, Down in here e Sugar cane sorprendono per personalità e leggerezza. Ottima anche la ballata Little girl. I giri di basso nella seconda parte dell’album si avvicinano maggiormente all’alternative rock e i ritmi aumentano di velocità ma senza mai perdere in accessibilità. I brani finali sono più rilassati e sognanti. Non ci sono momenti di noia, le canzoni funzionano bene quasi dalla prima all’ultima, e c’è ancora spazio per migliorarsi: caratteristiche importanti per fare bene anche in futuro. m.m.



Nu Bohemièn – La consuetudine del sentito dire **/
I Nu bohemièn sono tre ventenni del basso veneto che hanno realizzato un disco fresco e personale, cogliendo la quotidianità del provincialismo da cui provengono e la banalità del senso comune che li circonda. Hanno congelato ed incasellato il tutto dentro undici tracce dai toni elettroacustici, connotati da una marcata attitudine punk che si estende fino a rimbalzare tra sonorità indie rock e new wave. Figli dei classici inglesi e americani, e influenzati dai gruppi indie dell’ultimo decennio italiano, i Nu bohemièn hanno mostrato fin dalle prime battute un’eccellente personalità. In questo disco, pubblicato per Infecta suoni&affini / Face like a frog e distribuito da Venus, c’è un’impalcatura stabile di suoni che sorregge un architrave di voci e chitarre che stridono e urlano testi diretti. I brani L’individualismo vi farà morire soli e I pezzi di merda non muoiono mai sono esempi delle potenzialità dei Nu bohemièn quando funzionano al meglio. Da migliorare i testi: si può risultare incisivi e sorprendere anche senza abbondare nel linguaggio scurrile. Inoltre le storie di provincia che pervadono l’album sono spesso narrate in tono troppo discorsivo e poco poetico. A parte ciò, questo lavoro è una bella sorpresa, e fa sperare siano di più i giovanissimi in grado di emergere in tempi rapidi. m.m.




Carmelo Amenta - I gatti se ne fanno un cazzo della trippa **Di Carmelo Amenta si era parlato molto bene in occasione del suo primo lavoro L'erba cattiva. Cantautore di origine siciliana, ha fatto parte di varie band prima di diventare solista. Il 24 maggio scorso è uscito il suo secondo lavoro, I gatti se ne fanno un cazzo della trippa.
Album di difficile definizione, vicino al cantautorato più d'ispirazione d'oltreoceano che di casa nostra, al folk-rock con contaminazioni di vecchio buon blues.
Tra i pezzi dell'album segnalo quelli che più mi sono piaciuti per sonorità e per il modo in cui Carmelo riesce a parlare di argomenti anche seri senza sfociare nella solita retorica. Primo fra tutti, il brano che dà il titolo all'album, caratterizzato da ritmi folk rock, tamburelli tipici della taranta e con un testo di accusa verso una società intrisa di differenze tra i soliti ricchi e i troppi poveri a cui non restano neanche le briciole e parafrasando il testo "non sanno che farsene della trippa".
Elettronoise e narrazione sulle note di Lo spettacolo, apprezzabile ma nulla di particolarmente innovativo.
Ancora tanta contestazione e accusa a chi abita il nostro mondo in Per i vermi siamo tutti uguali, dedicata agli avidi di soldi e di potere. In Ciuf ciuf  buone sonorità sulle quali Carmelo parla e canta facendo apprezzare la sua voce interessante. Ancora da segnalare Frammenti, poesia cantata con molta ispirazione su una base elettropop. Nell'insieme un disco di buon livello, ma che non sempre trasmette emozioni particolari, sinceramente non credo lo riascolterò. Alessandra Terrone

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