11 aprile 2012

Il quinto disco dei Meganoidi strizza l'occhio al rock Anni Novanta


Genova dal suo fertile ventre alluvionale partorisce ancora una volta buona musica con i suoi figli Meganoidi ed il loro quinto album, Welcome in disagio, sempre per la loro etichetta Green Fog Records, nata ai tempi degli esordi ska. La band genovese in tutti questi anni (sono sulla scena da 15) è stata caratterizzata da metamorfosi quanto e da una continua e incessante crescita artistica ed esplorazione musicale. I più li ricordano per lo ska con influenze punk con cui arrivarono al grande pubblico (ricordiamo tra le tante, King of ska e la divertente Supereoroi), sperimentarono poi una certa attitudine al crossover, per arrivare ad un rock propriamente detto con il quarto disco Al posto del fuoco. Ora con la quinta fatica discografica si fanno portavoce del disagio del nostro tempo su apprezzabili note rock e sonorità jazz, che a tratti riportano a gruppi degli Anni Novanta con un certo ardimento potremmo avvicinarli persino ai primi Marlene Kuntz.
Testi scritti da musicisti pensanti e impegnati, voce coinvolgente, i Meganoidi ci dimostrano quanto sia possibile comunicare cose importanti attraverso il rock: si passa dalla bella la intro Luci del porto che mi fa immaginare le navi con le loro sirene che "gridano e chiamano mentre Genova resta a pregare e festeggiare" alla storia di un uomo che cerca di cambiare dividendo il suo corpo in Milioni di pezzi.
Ritmo, trombe e sapiente uso delle chitarre in Quello che ti salta in mente. Tromba in evidenza anche in Ciao collera.  Mentre Quasi ad occhi chiusi si lascia apprezzare per il testo. Gran finale con il coinvolgente crescendo di Ogni attimo. Il disagio che dà titolo all’album è naturalmente quello che assale ogni giorno di più il nostro Paese, che vorrebbe far parte di qualcosa di grande, ma infondo non ha nemmeno la capacità di essere un luogo dignitoso per i suoi cittadini. Da sempre in prima linea per le tematiche sociali, i Meganoidi con questo disco vogliono farsi portavoce di quel sentimento di sfiducia che unisce molti italiani in questo periodo così nero. Loro hanno scelto di raccontare non rinuciando ad una personale evoluzione musicale, intrapresa a costo di discostarsi dalle mode e dalla facile ribalta mediatica.
Alessandra Terrone

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